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Oratorio dei Bianchi

Nel cuore del centro storico, dietro al palazzo comunale, si trova l’Oratorio detto dei Bianchi, perché fondato dalla “Confraternita della Sacratissima Vergine Maria, del protomartire S.Stefano e della SS.Trinità” (anticamente dei Disciplinanti), chiamati anche “i Bianchi” dal colore delle loro cappe. La confraternita era già presente a Rapallo dalla metà del XIII secolo nella adiacente pieve di Santo Stefano, e costruì il nuovo oratorio a cavallo tra il Sei e il Settecento.

Vicino al portale minore, è inserito un bassorilievo in marmo bianco (XIV-XV secolo) raffigurante due membri della Confraternita dei Disciplinanti. Su un lato della facciata si trova un’ardesia di Italo Primi, raffigurante il martirio di San Sebastiano.

Bassorilievo all’Oratorio dei Bianchi
All’interno  sono esposti oggetti processionali come i pesanti fanali, una statua lignea quattrocentesca di scuola pisana raffigurante la Madonna col Bambino e una cassa con la rappresentazione del martirio di San Sebastiano (1700) dello scultore genovese Anton Maria Maragliano, restaurata nel 1995. Gli stalli cinquecenteschi furono trasferiti nell’Oratorio dei Bianchi nell’Ottocento e provengono dal Monastero della Cervara, da cui furono tolti dopo la sua soppressione.

L’oratorio custodisce anche i “Cristi”, gli enormi Crocifissi processionali, pesantissimi e riccamente ornati, che vengono portati in processione durante le feste patronali; il più antico è del XVIII secolo.

Il fervore religioso che nel secolo XIII si diffuse anche nelle nostre contrade, ad opera soprattutto degli ordini francescano e domenicano, provocò il consociarsi di schiere di penitenti che alternavano alla preghiera la “disciplina” con uso di flagelli e mise le basi al costituirsi di confraternite, le cosiddette “casacce”, che nel secolo successivo meglio precisarono il loro carattere, inserendosi nel movimento dei “Bianchi” penetrato dalla Provenza.

A Rapallo, come a Chiavari ed altre località, è pertanto da ritenere abbia seguito questa evoluzione la Confraternita detta dei “Disciplinanti”, nata dopo il 1250, sotto il titolo di Santa Maria e di Santo Stefano. Essa ebbe la propria sede iniziale nella chiesa dedicata al Protomartire, quindi nella cappella del nuovo Ospedale di Sant’Antonio (oggi Municipio), finché, nella seconda metà del XV secolo, si trasferì nell’Oratorio costruito a fianco del detto ospedale, nel cuore del centro abitato, denominato “dei Bianchi” per il colore delle cappe dei confratelli che, incappucciati e con in mano il flagello, vediamo effigiati nella lapide marmorea quattrocentesca murata all’esterno dell’edificio in vico della Rosa.

I Disciplinanti, comunque, conservarono per lungo tempo una tomba loro riservata in Santo Stefano, come confermano le richieste per poterne fruire avanzate da Antonio de Nauledo l’11 agosto 1485 e da Giacomo Molfino il 17 febbraio 1489.

L’oratorio, ad una sola navata, venne dotato di un piccolo campanile, e dedicato inizialmente alla Vergine Maria, e solo molto più tardi, alla Santissima Trinità perché destinato anche all’insegnamento della dottrina cristiana alla gioventù.

Per un certo tempo l’oratorio ebbe un collegamento diretto con l’attiguo ospedale ed i confratelli potevano accedere attraverso una scala ad un dormitorio.

L’attività della Confraternita risulta assai viva nel lento trascorrere del tempo e non v’è epoca nella quale non si trovino donazioni ed atti testamentari che destinano beni ed offerte all’Oratorio nel quale, fra l’altro, si venerava una dolcissima Madonna con Bambino, scultura lignea del XV secolo, di probabile scuola pisana, forse in precedenza custodita in S. Stefano.

Il 2 agosto 1655 il cardinale Stefano Durazzo, arcivescovo di Genova, approvava i nuovi statuti della Confraternita che, il 2 settembre 1647, era stata aggregata all’Arciconfraternita del Gran Gonfalone di S. Lucia in Roma.

È del 31 maggio 1700, invece, l’atto col quale il notaio Fortunio Benedetto Molfino, nell’oratorio stesso, registra l’accordo fra i deputati della Confraternita Ambrogio Pareto e Gio Agostino Canessa e lo scultore Antonio Maria Maragliano perché questi, dietro corresponsione della somma di lire 400 di Genova, si impegni “di fare una statua a S. Sebastiano d’altezza palmi sei”, come da modello, statua in legno che, collocata su apposita cassa, verrà recata in processione solennemente. Attualmente esposta nell’Oratorio presenta caratteristiche di vivo interesse, anche se l’evidenziazione anatomica pare prevalere sulla drammaticità del tema.

Una nicchia antistante l’altar maggiore, che è abbellito di preziosi marmi intarsiati, ospita la statua dell’Addolorata, opera eseguita nel 1908 dall’artista Antonio Canepa, valente scultore, nato a S. Maria del Campo, la cui produzione è presente in molte chiese genovesi e della Liguria.

È con buona probabilità del 1779 la datazione dell’organo racchiuso in una splendida cassa barocca, che è sistemato nella cantoria sulla parete di fondo dell’edificio. È un vero gioiello nel suo genere e lo si attribuisce a Tomaso II Roccatagliata, appartenente ad una famosa famiglia di organari di Santa Margherita Ligure.

Non possono poi sfuggire per il loro valore artistico e storico gli stalli cinquecenteschi del coro, che provengono dall’antico Monastero della Cervara, presso Portofino, ove venne tenuto prigioniero nel giugno 1525 Francesco I re di Francia, sconfitto dall’imperatore Carlo V a Pavia. Un cenno a parte meritano poi gli antichi “fanali” sulle lunghe aste per le processioni e soprattutto i Crocifissi argentei della Confraternita, che vengono recati a braccia dai portatori per le vie cittadine: suggestiva testimonianza di un folclore popolare che ha radici religiose profonde.

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