All’estremità occidentale del Lungomare Vittorio Veneto si trova la “Porta delle Saline”, che delimita e divide dal mare la zona pedonale del centro storico.
E’ l’unica sopravvissuta delle cinque porte dell’antico “borgo murato”, e deve il suo nome alla vicinanza con le Saline, di cui la famiglia genovese dei Doria aveva il monopolio, che furono in attività per molti secoli nella zona pianeggiante presso la spiaggia al centro del golfo. Nella parte che si affaccia verso il centro storico, è abbellita da un altare barocco che accoglie una riproduzione della celebre icona della Madonna di Montallegro. Ha evitato la demolizione grazie a successivi restauri, al contrario delle altre porte del vecchio borgo che, nel tempo, sono state demolite.
La “Porta Occidentale”, detta anche “degli orti”, sorgeva all’inizio dell’attuale via Mameli, poco lungi dal Campanile della Basilica, ed anche dopo la sua demolizione, avvenuta nel 1874, i rapallesi continuarono a chiamare tale luogo “in te porte”.
La “Porta Aquilonare” o “di Sant’Antonio” era affiancata dall’ospedale omonimo (oggi Municipio) e per essa ci si avviava verso monte ripercorrendo l’antica strada che già in epoca romana valicava i colli sino a raggiungere Piacenza attraverso la Fontanabuona.
Essa venne abbattuta nel giugno 1702 per iniziativa dei protettori dell’ospedale, i quali si impegnarono ad edificare al suo posto una edicola a forma di portale, dedicata alla Madonna, poco lungi dal sito ove essa sorgeva, al collegamento della strada che conduceva alla chiesa e convento di S. Agostino (oggi Ospedale).
La “Porta di Pozzarello”, detta anche “del Molinello” per il mulino ad acqua ubicato poco distante, si apriva presso l’argine del torrente San Francesco, quasi dirimpetto all’area oggi occupata dall’Hotel Europa. Essa chiudeva l’accesso alla via Venezia ed al cuore dell’antico abitato, la “Rolecca” ove trovavasi anche il pozzo dal quale attinsero per tanti secoli i rapallesi. Secondo quanto scrive nelle sue memorie storiche il can. Stefano Cuneo tale porta sarebbe stata demolita nel 1810.
L’ultima delle cinque porte, quella posta a levante, era detta “Porta Orientale” o “di S. Francesco” e sorgeva presso la foce del torrente. Essa fu abbattuta nel 1821 allorché si ampliò il tracciato della strada nazionale verso Chiavari.
Partendo dalla porta delle Saline, il tessuto compatto delle abitazioni si distendeva verso monte sino alla zona “degli orti” (via Mameli) e, piegando verso nord-ovest, abbracciava la nostra chiesa parrocchiale congiungendosi poi con l’ospedale di Sant’Antonio (l’attuale Municipio) per raggiungere la riva destra del torrente di Monti e proseguire sino alla sua foce.
Il decreto 12 febbraio 1629 con cui il Senato genovese proclamava Rapallo “borgo murato” potrebbe far presumere che esso presentasse allora una salda cinta di mura protettive rinserranti il nucleo urbano; in effetti possiamo rilevare la conferma dell’esistenza di tratti di mura da alcuni documenti antecedenti, ma alcuni studiosi ritengono che fosse più probabile che la denominazione “borgo murato” si riferisse non ad una cinta muraria vera e propria, ma all’insieme dei muri delle case, addossate le une alle altre intorno alle strette vie, in modo da garantire protezione e conformazione simile a quella di una cittadella murata. La porta delle Saline, stretta tra due palazzi, anche se attualmente hanno forme più moderne, ne è un esempio.
La notizia più antica riguardante le mura di Rapallo si trova in un atto notarile del 26 aprile 1221 stipulato “in punta muri Rapalli” (nel Medioevo generalmente erano i notai ad andare dal cliente e non viceversa). In un altro documento del 27 aprile 1240 un certo Guglielmo Embriaco cede una terra ortiva presso il torrente di Monti “prope murum burgi Rapalli”. Altro documento del 13 febbraio 1264 registra poi la vendita di terre da parte del Capitolo della Pieve “infra muratum burgi in planis de ponte bolagi”.
Più esplicito ancora l’atto del 10 giugno 1455 col quale il Prevosto ed i canonici della chiesa di S. Stefano danno in enfiteusi una terra “infra muros burgi in contrada Roileche coheret versus boream murus comunis”.
Per concludere vogliamo ricordare una canzoncina in vernacolo che in passato correva sulla bocca dei ragazzini rapallesi e che tirava in ballo le porte del nostro borgo.
In tono canzonatorio essa diceva: “Rapallin sottaera gatti/sotto e porte di sordatti./I sordatti son scappae/Rapallin ghe son restae”. Lo storico Arturo Ferretto, individuandovi un chiaro nesso con gli avvenimenti che videro contrapposti gli Adorno ed i Fregoso e loro alleati agli inizi del XVI secolo, ne diede questa interpretazione: “Rapallesi seppellitori di nemici sotto le porte (affidate alla custodia) dei soldati. I soldati sono fuggiti, i Rapallesi sono rimasti”. I “gatti” sotterrati possono identificarsi agevolmente nei seguaci dei Fieschi che, nel loro stemma, recavano tale animale.